PASSAGGI CON FIGURE – Elianda Cazzorla: Un racconto per Giulia – III puntata

maria cosway – ritratto di giulia beccaria – biblioteca nazionale braidense -milano

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Nelle puntate precedenti: Mary Cosway è la pittrice del ritratto di Giulia Beccaria in giovane età. Per entrare nella personalità di Giulia e dare il guizzo degli occhi, attraverso il pennello e i colori,  Maria Cosway la incontra nei giardini reali a Parigi. Giulia le racconta l’infanzia. Dopo i giorni dorati a villa Brera, alla morte della madre, Teresa Blasco, cosa succede?

 

Ed io strepitavo e i singhiozzi mi toglievano il respiro. Anche Mariuccia piangeva sommessa. Allora Lucia ci chiamò e ci disse: venite ad accarezzarla. Mio padre rimase in silenzio, non osò opporsi alla inattesa confidenza di una domestica. Piegò il capo per cercare un altro fazzoletto nel taschino. Io andai da Lucia e senza che lui se ne accorgesse, strappai una piccola piuma.

Lui si asciugò gli occhi, si schiarì la voce e disse con tono fermo: Calmatevi! Tutto questo sarà vostro. Un giorno. E io stringevo la piuma nel pugno. Quel giorno non è mai arrivato né per me né pe Mariuccia. Se n’è dimenticato. Non ha dato nulla a nessuno. E chissà quale fine i bauli. Solo la piuma strappata è ancora mia.

Doveva togliermi di mezzo, ero un ingombro, dopo due mesi dalla morte di mia madre, in quella mattina di maggio, quando ordinò a Lucia di preparare la mia biancheria intima e il vestito più scuro che avessi, senza alcun merletto, capii che era finita la gioia. Corsi da Marietta. La strinsi a me. Andiamo sull’altalena, le dissi. Corremmo assieme e lei rideva. Poi sul seggiolino rideva. Io non volevo che soffrisse. Allora provai a cercare nella mente i momenti più belli vissuti assieme, mentre la spingevo sempre più un alto, le ricordai quella volta che ci eravamo nascoste dietro la tenda di broccato nella camera di nostro padre. Quando? Lo stalliere… come no? Io avevo otto anni e tu quattro, lui ci aveva mandato via e noi da dietro le pieghe della tenda spiavamo e sentivamo: uno, due, tre issa. Non riuscivano, non riuscivano per nulla a tirarlo su e lasciarlo sospeso. Eppure stabile, legato ai tiranti. Allo stalliere, si aggiunse il portinaio e poi il sottocuoco. E noi sghignazzavamo da dietro la tenda. Uno, due, tre issa. Ci voleva il quarto uomo per le quattro gambe sollevate da terra almeno cinquanta centimetri. Chiamò Stefano, il cantiniere. Lui, mio padre, controllava. Il suo letto non doveva toccare terra, sospeso per aria, come una nuvola. E noi eravamo felici di avere un padre così bambino che voleva un’altalena-letto tutto per sé, nella sua camera.

Da adulta mi sono chiesta il motivo, ma non riuscivo a trovare nessuna risposta a quel capriccio di uomo che voleva dormire sospeso.

In quella mattina  di maggio, la carrozza era pronta e mi aspettava davanti all’entrata centrale del palazzo di Brera per portarmi nel collegio di San Paolo. Avrei perso tutto. L’altalena, i nonni, Marietta, il parco, i cavalli, le corse nelle scale, le fughe in soffitta, il cuoco, il suo grembiule e la sua tasca e un biscotto per me, Lucia che mi afferrava per mano, mi portava sotto il mio letto e mi raccontava i segreti dei grandi. A noi, non ci dicevano nulla, noi eravamo le stupide che non dovevano sapere più di tanto perché potevamo diventare pericolose. Lo stesso principio che governava l’educazione in convento: poca cultura, molti consigli per dame capaci d’intrattenere e quindi musica e canto, tanto ricamo e qualche pennello da intingere nel colore. Nessuna attenzione allo sviluppo dell’intelligenza. Poca matematica e tante preghiere. E al contempo dovevamo essere orgogliose quasi superbe nel portamento e mantenere le distanze con i domestici per il nostro sangue. Nessun mescolamento. Se penso che il segreto svelato da una cameriera abbia permesso alla mia persona, una sopravvivenza decorosa in convento, non posso non credere in qualcosa che unisca le donne.

Elianda Cazzorla

(III-  Continua)

Le altre puntate sono qui:

I puntata

II puntata

 

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