DEL TEMPO PRESENTE- Vittoria Ravagli: …con stupore di bambina

marina cremonini- illustrazione da “il faggio per me”

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Mi è successo in un pomeriggio di qualche giorno fa di andare alla presentazione di un libro adatto a persone (cito) “dai 9 ai 99 anni”. Il titolo particolare e una certa aria di mistero che avvolgeva l’incontro, mi avevano indotto a scendere in paese lasciando il mio piccolo paradiso. L’autore Alessandro Riccioni, il titolo:  “Il faggio, per me. Di ombre, di vento, di occhi. E di parole” (Illustrazioni di Marina Cremonini/Introduzione di Roberto Piumini)
Poche le persone ad ascoltare e di questo non mi sono meravigliata. Qualche bambino con i nonni, conoscenti, alcuni amici.
Nelle feste di paese si cammina a fatica tra la folla, sospinti da una forza ignota che porta non si sa verso dove, intruppati a centinaia, soddisfatti forse di un potente contatto umano che mi disorienta, con una “fame” costante.
Forse quassù dove vivo è normale avere gusti strani, avere gioia per un’alba rosata, per un passaggio di rondini, per una poiana o una nuvola…
Riccioni ha iniziato a parlare affabilmente, in modo pacato, considerando il piccolo gruppo presente come un insieme di amici in passeggiata con lui nel bosco. O così è stato per me.
Francesca E. Capizzi, un’amica de Le Voci della Luna – l’associazione che aveva organizzato l’incontro –  insieme a  Riccioni,  hanno letto in modo incredibilmente bello e tenero tutto lo scritto sul faggio ed io sono rimasta legata alle loro parole, con lo stupore di bambina, presa dalla semplicità e dalla dolcezza  che ho subito chiamate col nome di poesia.
E’ un libro di prosa poetica a capitoli, fatto di pensieri profondi, a volte per me sconvolgenti.
“All’inizio il faggio è un cespuglio…poi… ecco diventa una colonna altissima del colore dell’argento…Non è il suo corpo che ha bisogno del sole e dell’aria, è la sua testa che vuole la luce. E la sua chioma cresce, grande, di un colore verde che muta con il cambiare del vento: ora è chiaro e tenero, ora pallido e silenzioso. Silenzioso, sì, proprio così. Quando il vento sui monti si ferma, anche i faggi sembrano finalmente riposarsi e il verde diventa, all’improvviso, silenzioso. E’ come l’ultimo vibrare di una corda, come lo spegnersi di una musica.”
Quello che ho ascoltato  con  particolare coinvolgimento  e poi letto e riletto è il capitolo che riguarda “le ferite”.
“Il faggio ha molte ferite, proprio come ciascuno di noi. Alcune sono poco più di un graffio. Altre sono profonde e restano per sempre, anche se dopo un po’ non fanno più male…Solo col tempo ritrovai la strada che si percorre per allontanarsi dal dolore, da ogni dolore. La strada lungo la quale scoprii che anche la bocca è una ferita che si rimargina con un bacio. E che quel bacio ti racconta come da una ferita possa anche nascere una luce, così intensa da scaldare tutto il corpo.”
“…Anche i faggi crescendo, si lasciano indietro i rami più deboli…che si staccano dal tronco argenteo e lasciano piccole piaghe che, poco a poco, si rimarginano, proprio come le nostre (ferite)…le loro cicatrici diventano occhi…”
“E del dolore resta soltanto uno sguardo, un occhio, anzi, centinaia di occhi che guardano.”
Ho pensato allora che anche la mia bellissima magnolia ha gli occhi, e mi parla come il faggio delle sue e delle mie ferite ed io la guardo ma anche lei mi guarda dai suoi occhi “bellissimi e aperti al mondo”. C’è un dialogo tra noi, da sempre. Vicino a lei mi troverà chi mi ama quando mi cercherà dopo che sarò volata via.
Nel capitolo finale: “Le parole”, alla domanda “I faggi parlano?” Riccioni scrive tra l’altro. “…la risposta è pure la ragione per cui vi racconto tutto questo. In fondo, il vento, l’ombra, l’acqua, le ferite non sono altro che parole. Così come l’argento e il verde non sono altro che un gioco della luce. Il faggio, allora, forse è solo una scusa. Per parlare di me, di noi…. non faccio altro che cercare parole, coltivare parole. Ce n’è una, però, il cui destino è forse quello di rimanere impronunciata. Una parola dolce e tormentata: desiderio…E ancora li ascolto (i faggi), quando le loro voci diventano musica per amore del vento e dell’acqua, quando ci invitano in coro a non guardarci troppo dentro, a guardare fuori del nostro corpo, a ricordare che l’acqua che ci scorre dentro è come il desiderio, sempre in cerca di una foce…”
Che meraviglia queste parole sagge, in un tempo in cui ne ascoltiamo e leggiamo tante piene di violenza e di odio. Come è dolce questa profonda leggerezza, che ci invade leggendo poesia… Vera gioia per me che amo tanto le nuvole e il vento leggero e gli scacciapensieri, che dai rami della magnolia, con una voce cristallina ripetono: “non avere paura”.

andrò per altri prati
sarò il volo della poiana
il frusciare delle foglie
il vento che ti accarezza

Ovunque sarò con te
quando mi chiamerai

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NOTA SULL’AUTORE

Alessandro Riccioni è nato a Lizzano in Belvedere (BO). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere Moderne all’Università di Bologna. Ha insegnato e ora è bibliotecario “di montagna”.Del 1998 è la sua prima raccolta di poesie Sottopelle (con una nota di Elio Grasso, Book Editore), opera segnalata al Premio “Montale”.  Sempre per la poesia, per Book Editore, ha pubblicato Di quarzo e terra (2002), Chiedimi il rosso (2003), Il mare in salita (2007) e Bisestile (2010). Nel 2004 ha esordito nella narrativa con il romanzo Nero arcobaleno, Mobydick Editore. Il suo ultimo libro di poesie è Perimetri e Distanze, La Vita Felice (2015). Dal 2011, scrive anche per bambini. Il suo primo libro è Cielo bambino, Topipittori (ill. di Alicia Baladan). Il libro Mare matto, Lapis (ill. di Vittoria Facchini) è Premio Rodari 2017 – Sezione filastrocche e fiabe e Premio speciale della giuria per la poesia Fondazione Cassa di Risparmio di Cento). Poi  Piccolo sonno, LupoGuido Editore, 2020 (ill. da Francesca Ballarini), nel 2021 è uscito per Carhuscia Editore Io sono il mio nome. E’ presente con poesie e racconti in varie antologie. Da alcuni anni, ha ripreso anche una attività di traduzione, con albi illustrati e libri di divulgazione.

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Alessandro Riccioni, Il faggio per me. Do ombre di vento di occhi. E di parole- Rrose Sélavy 2022

Illustrazioni Marina Cremonini
Nota introduttiva Roberto Piumini

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