I MATTI CHE NON CI SONO PIU’- Laura Salvadori a proposito del romanzo di Alessandro Moscè “Le case dai tetti rossi”

ex ospedale psichiatrico di ancona 

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E’ un tema coraggioso, puro, quello affrontato dal narratore e poeta marchigiano Alessandro Moscè nel romanzo Le case dai tetti rossi edito da Fandango. Come coraggiosi sono i personaggi che abitano queste case. Il centro motore è la vita del manicomio, l’alienazione mentale, il tentativo di uscire da una condizione di isolamento nell’istituto psichiatrico di Ancona tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, con un’appendice che arriva fino ai giorni d’oggi. Il manicomio non esiste più, ma rimangono le storie personali, le vicende dolorose, i trattamenti sanitari subiti dai ricoverati: temi universali che consentono di capire quale grande rivoluzione fu attuata in Italia con l’introduzione della Legge Basaglia e con la chiusura, appunto, dei manicomi: di fatto la più grande conquista sociale nata con il Sessantotto (al pari dello Statuto dei Lavoratori). Ad Ancona le casupole con i tetti rossi erano una città nella città, finché la struttura, poco prima che gli ospiti se ne andassero, non si è aperta all’esterno per il beneficio dei pazienti. L’io narrante Alessandro, i cui nonni materni abitavano nei pressi del manicomio, fa proprio il tema recuperando alcune cartelle cliniche e il diario di Arduino, il giardiniere. Da bambino era entrato nell’istituto con il coetaneo Luca, il figlio di Arduino, per giocare in un rettangolo adibito provvisoriamente a campo da calcio. La galleria dolceamara dei personaggi viene focalizzata mediante i sintomi dei pazienti e i gesti, anche ironici e disobbedienti o addirittura empatici. Un ruolo di rilievo lo assumono il direttore Guido Lazzari, figura molto umana e il dottor Enrico Fermenti, l’allievo prediletto. Inoltre suor Germana, caposala inflessibile ma con un animo gentile, e Nazzareno, l’omino del padiglione degli innocui con un portamento da clown. Tali soggetti rappresentano un esempio straordinario di solidarietà con soggetti imprevedibili, intristiti, catatonici, irosi, agitati, abbandonati da famiglie per lo più indigenti. Alessandro Moscè, come lo scrittore e psichiatra Mario Tobino, guarda “oltre le fronti”, si immedesima nei suoi protagonisti. Negli anni, con l’avvento dei nuovi farmaci e la promulgazione della legge 180, la struttura diventa parte integrante di Ancona e alcuni degenti usciranno per affrontare degnamente l’esistenza quotidiana. Altri, forse, saranno morti di stenti. La narrazione è anche il racconto dell’amore, nonostante tutto (della dignità dell’amore, direbbe Tobino), e del tentativo di ritrovare un’identità perduta. Alessandro, divenuto autore di inchieste, entra nelle case dai tetti rossi. Il luogo, nel frattempo, è stato trasformato in poliambulatori e ospita una caserma delle guardie forestali. Colpisce, di Moscè, la capacità di far rivivere gli ambienti, gli spazi che circondano le mura interne del manicomio. La descrizione è dettagliata come i sintomi dei manicomiati. “I padiglioni non avevano muri divisori, ma giardini, alberi secolari, sparsi, che crescevano velocemente, che avevano lo stesso temperamento dei matti, perché si ergevano al di sopra degli edifici. Le radici sfondavano il terriccio emergendo in gobbe curvilinee”. Il narratore compie anche un’altra operazione singolare. Se racconta il manicomio che potrebbe essere stato quello di qualunque città italiana, aggiunge però la ritualità della provincia legandola specialmente alla cucina e alle processioni religiose. Nonna Altera conosceva le ricette dei piatti più prelibati custodendole segretamente. La famiglia, le feste natalizie e le vacanze estive racchiuse nella “coltivazione” della mitologia infantile, innalzano un giacimento di vite come tante altre. Qui Moscè si fa raccontatore della recherche e delle trasformazioni alle quali il tempo sottopone da sempre fatti, persone e sentimenti. 

 

Laura Salvadori

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NOTE SULL’AUTORE

vedi https://cartesensibili.wordpress.com/about/

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Alessandro Moscè, Le case dai tetti rossi- Fandango Libri 2022

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